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Quando il cuore batte troppo forte per ascoltare: Gottman e mindfulness in terapia di coppia

  • Roberta Paradisi
  • 1 ago
  • Tempo di lettura: 3 min

“Non mi ascolta.”

“Appena inizio a parlare, si chiude.”

“Urla. Io mi zittisco. Poi il silenzio dura giorni.”

Se ti ritrovi in una di queste frasi, sappi che non sei solo. Tante coppie ci arrivano così: logorate da incomprensioni ripetute, da parole che feriscono o che non arrivano mai, da silenzi che diventano muri.

Spesso si pensa che basti “comunicare meglio”. Ma comunicare non è solo parlare. È essere in grado di restare presenti, anche quando le emozioni salgono. E non è affatto facile.


coppia che fa mindfulness durante la terapia Gottman


Oltre un certo livello di attivazione, non ci sentiamo più davvero


John e Julie Gottman – tra i massimi esperti mondiali di relazioni di coppia – lo spiegano con chiarezza: quando la nostra frequenza cardiaca supera i 100 battiti al minuto, il cervello smette di elaborare le informazioni in modo lucido.

Ci difendiamo, attacchiamo, ci chiudiamo, cerchiamo di sopravvivere, il corpo è in allarme. La relazione diventa campo di battaglia.

In terapia, questa soglia viene chiamata flooding: un’alluvione emotiva che travolge la possibilità di capirsi.


Per questo integriamo la mindfulness nella terapia di coppia Gottman


Nel nostro lavoro di co-terapia – io e la dott.ssa Jennifer Carafa, abbiamo scelto di integrare la mindfulness nella terapia di coppia Gottman in modo mirato.

Non come una moda o come “rilassamento”, ma come strumento concreto per restare presenti.

Perché non si può ricostruire una relazione quando si è in costante stato di allarme.

Non si può ascoltare davvero l’altro se non si è in grado di sentire prima se stessi.

Con la mindfulness, accompagniamo le coppie a:

• rallentare

• osservare cosa accade nel corpo e nella mente

• riconoscere i segnali di attivazione prima che esplodano

• tornare nel qui e ora, dove può accadere qualcosa di nuovo


Il corpo come spazio di riconnessione


Molte coppie che vediamo in studio non si sfiorano da tempo.Alcune non fanno più l’amore, altre non si tengono nemmeno per mano.Sono coppie bianche, ma non solo dal punto di vista sessuale: sono relazioni che hanno perso il corpo dell’altro, e spesso anche il proprio.

E qui il lavoro si fa delicato. Ma anche straordinariamente potente.

Grazie agli esercizi del Metodo Gottman – rivisitati in chiave mindfulness – proponiamo piccoli rituali di avvicinamento:

  • Guardarsi negli occhi, in silenzio

  • Respirare insieme

  • Toccarsi senza aspettativa

  • Sperimentare la presenza fisica come alleata, non come minaccia

Spesso è in questi momenti semplici, ma profondi, che accade qualcosa.Un fremito. Un ricordo. Un sorriso trattenuto. Una lacrima.

A volte è l’inizio di una nuova intimità. Fatta di rispetto, di ascolto reciproco, di curiosità rinnovata. Altre volte è qualcosa di diverso, ma non meno importante: la consapevolezza che quella relazione, così com’è, è giunta al termine.


Anche questo è un atto di presenza. Anche questo è un modo per tornare fedeli a sé stessi e all’altro, con dignità e verità. Perché non tutte le coppie devono restare insieme a ogni costo, ma ogni coppia merita di arrivare a comprendersi fino in fondo.


E quando si sceglie di lasciarsi con consapevolezza, qualcosa cambia: la fine non è una rottura violenta, ma un passaggio. Un terreno più sano da cui poter costruire, in futuro, relazioni più autentiche. E, se ci sono figli, quella chiarezza emotiva permette di mantenere una relazione solidale, cooperativa, capace di offrire stabilità affettiva anche nella trasformazione della famiglia.

Perché una coppia può finire.

Ma il rispetto, la cura e la responsabilità condivisa, possono continuare a vivere.

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